“Il figlio del mare”, intervista a Eliana Iorfida aspettando l’evento a Soverato
I libri ci hanno fatto particolare compagnia nei mesi di lockdown, certamente sono stati uno dei risvolti migliori di questo tempo sospeso fra la vita e la morte. Con l’arrivo dell’estate manteniamo questa bella e buona abitudine, assieme alla prudenza nella vita sociale, al piacere di stare in famiglia, al riconquistato gusto per il buon cibo, al tempo dedicato a noi stessi e a tutte quelle “nuove” pratiche che il Covid19 ci lascia in eredità, accanto ai ricordi funesti e alla voglia di ripartire.
Un consiglio per tutti, giovani e meno giovani, conoscitori della terra dei Due Mari e non, è: “Il figlio del mare”, il nuovo romanzo della scrittrice Eliana Iorfida edito da Pellegrini, disponibile in tutte le librerie da poche settimane. “L’alba sullo Ionio calabrese sorprende Bianca in spiaggia. La ragazzina si è addormentata vergine per risvegliarsi, violata, in uno scenario surreale. È stata un’onda a deporle in grembo la perla di una nuova vita? Quel figlio della marea sarà per tutti Jo, pronunciato all’americana da chi non conosce il vero nome del bambino, lo stesso del mare che sembra averlo generato”, si legge nella quarta di copertina.
Sabato 20 giugno alle 18.30 a Soverato sul Corso Umberto I (area pedonale) la presentazione del libro alla presenza dell’autrice, che dialogherà con Rosalba Paletta, moderazione di Antonietta Cozza, a cura della libreria “In/contro” e dell’Associazione Biblioteca delle donne di Soverato. Eliana Iorfida ha risposto ad alcune domande di Calamita Educational, anticipando l’evento che sarà accompagnato da musiche originali di Gaspare Tancredi e Francesco Bruni.
INTERVISTA A ELIANA IORFIDA
Finalmente un libro dedicato alla sua terra: chi conosce lo stile narrativo di Eliana Iorfida aspettava questo romanzo da tempo, per provare il piacere di leggere la Calabria descritta dalla sua penna. Com’è nato? Era da tempo nei suoi pensieri?
I miei romanzi hanno sempre rispecchiato in qualche modo un percorso di vita personale, così è stato anche stavolta. Si è trattato di un ritorno a casa naturale e di una voglia di raccontare la mia terra con un triplice sguardo: quello di chi torna, appunto, quello di chi resta e quello di chi ci arriva per la prima volta. Era già tutto dentro di me, per metterlo su carta mi è bastato osservare una ragazza che giocava sulla battigia col suo bambino, una mattina di inizio estate.
L’uscita del libro era prevista per primavera, necessariamente rinviata di comune accordo con la Casa Editrice per via del Covid19. Ora una fittissima serie di incontri per recuperare alla grande, anche se sempre con la dovuta prudenza. E “Il figlio del mare” arriva ai lettori quasi nella sua stagione d’elezione: l’estate. Tempo e lettura ideale per quanti conoscono questa terra, ma anche per chi non la conosce… quale perla consegna ai suoi lettori?
L’uscita in aprile era una “scaramanzia di primavera”: i due lavori precedenti erano sbocciati proprio in questa stagione di grandi aspettative. Le contingenze hanno invece trascinato il nuovo romanzo al centro del suo elemento naturale: il mare. Una forza potente, luogo dell’anima e topos letterario per eccellenza, nel quale mi auguro che i calabresi possano specchiarsi in modo onesto e senza retorica, e chi invece ci si accosta da fuori riesca a usare questa storia come un prisma, attraverso il quale cogliere le mille sfaccettature della Calabria e della sua gente.
Le pagine affondano le loro radici nella culla Magno Greca ed in una delle sue più nobili forme espressive: la tragedia. Scanditi da stasimi, i capitoli procedono intrecciando archetipi, storia antica, storia moderna, storia contemporanea, storia locale, in un libro che tesse abilmente narrativa e lirica corale, facendosi a tratti opera di denuncia. E’ un libro che cerca e chiede “verità” e “azione”?
Decisamente sì. Il cerchio si apre e si chiude con la ricerca della Verità, quella assoluta e non relativa, la verità che svela il destino di noi tutti e dei nostri percorsi poco per volta, come una via di consapevolezza che va prima intuita, poi compresa e infine praticata ogni giorno con azioni concrete. In quest’ottica, il richiamo alla tragedia greca non è solo un vezzo stilistico ma una presa di coscienza e responsabilità, un modo per affermare chi siamo, a chi apparteniamo, da dove veniamo e soprattutto dove vogliamo davvero andare.
Emerge dalle tante digressioni la ricerca intergenerazionale che ha alimentato buona parte della scrittura. In un momento come quello attuale, che ha visto l’Italia perdere drammaticamente molti dei suoi nonni e anziani a causa del virus, un pensiero ci porta alla ricchezza inestimabile dei “racconti del focolare”. In questa ottica il suo libro diventa ancora più potente, oserei direi un “vaccino” anti-Covid, anti-perdita della memoria, ed un monito assieme: godiamo appieno di quanti e quanto ci circonda, ora!
Il momento che abbiamo vissuto, a tratti drammatico, ci ha costretto a ripensare molte cose che davamo per scontate e giungere a conclusioni se vogliamo banali ma veritiere, una su tutte: il passato sarà il nostro futuro, nella misura in cui saremo capaci di riconciliarci ai ritmi di un universo stravolto. In questo gli anziani erano e sono maestri di vita, perciò è tanto prezioso il confronto con loro e il travaso di esperienze tra generazioni. Sentiamo parlare sempre più spesso, talvolta in modo opportunistico, di un ritorno alla natura, alla vita dei borghi e della provincia, quando da anni grandi studiosi e amanti dei territori propongono idee e progetti sostenibili che restano, ahimè, inascoltati. Siamo esseri effimeri, ci è stato ricordato in modo brusco, quello che non riusciremo a trattenere non tornerà più.
Eliana Iorfida è autrice di “Sette paia di scarpe” (Rai Eri, 2014), Premio Nazionale Rai “La Giara”; “Antar” (Vertigo, 2018), Premio Internazionale “Città di Castrovillari” e “La scatola dei ricordi” (Formebrevi, 2018).
Foto di Gaspare Tancredi.
(R.P.)
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Nella “notte prima degli esami” intervista agli studenti e in bocca al lupo da Calamita Educational a tutti i maturandi
“Ci è mancato il pranzo dei 100 giorni!”. “Alzarsi presto al mattino per andare a scuola dopo quest’anno, non sarà più un peso per nessuno studente!”. “A mancarci più di tutto è stato il contatto diretto con i prof.”. “Fra compagni non ci siamo mai persi di vista grazie ai social”. “Da settembre la didattica normale avrà un valore aggiunto, quello tecnologico, che fino a pochi mesi fa non avevamo potuto sperimentare”.
Ecco dipinto con 5 pennellate l’anno scolastico 2019/20 segnato dal Covid-19, e raccontato in una bella chiacchierata dagli studenti del 5 Liceo Scientifico di Cariati (Cs) e dal loro Prof. Domenico Liguori, docente di Matematica e Fisica, fra l’altro responsabile del progetto “Raccontiamo Rodari! Viviamo Rodari! Celebriamo Rodari!”, che afferma: “Ci è mancata la componente emotiva e interattiva dell’insegnamento, qualcosa che nessuna macchina potrà mai darci!”.
Fabrizio Bassis e Benedetta Scarpello della 5B, Maria Teresa Romano, Michela Salatino ed Elena Tranquillo della 5A, hanno raccontato a Calamita Educational questi ultimi mesi di lockdown; lo studio da casa; i progetti e i sogni iniziati e drasticamente interrotti… e la grande emozione degli esami di maturità.
In questa fatidica “notte prima degli esami” un grossissimo in bocca al lupo da Calamita Educational va a loro, a tutti gli studenti dell’I.I.S. di Cariati e a tutti gli studenti calabresi e italiani che si apprestano a vivere questa prova importante. Nel video è possibile ascoltare l’intervista integrale realizzata con il prof. Liguori nella prima parte e con i ragazzi nella seconda. Forza ragazzi!!! Siete forti!!!
(R.P.)
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Ritorno a scuola nel Parco? A Catanzaro è già realtà
Sembra proprio ispirato alla Giornata Mondiale dell’Ambiente (che ricorre il 5 giugno) e al contatto diretto con la natura, il ritorno “a scuola” di New SummerHill, polo educativo di Catanzaro guidato dalla Maestra Mena Puija, da sempre aperto alle sperimentazioni e alla pluralità dei metodi educativi.
Nella settimana in cui si celebrano a livello mondiale la sostenibilità e l’ecologia; nella settimana in cui l’Annuario dei dati ambientali dell’Ispra e il Rapporto Ambiente di Sistema fanno il punto e ci fanno sapere che nel periodo di lockdown globale il pianeta è tornato a respirare; nella settimana in cui il Veneto decide di far rientrare i suoi alunni in aula a giugno, mentre il Governo – sotto la scure degli scioperi sindacali e delle opposizioni in Aula – sembra aver deciso per il ritorno a settembre in classe con visiere (anziché mascherine) e separatori in plexiglass fra i banchi distanziati di un metro; proprio in questa settimana cruciale per le decisioni che riguardano la nostra Scuola, a Catanzaro si torna a fare lezione ma all’aperto, nella bellezza del Parco della Biodiversità, sotto il sole e seduti sui prati verdi di quello che qualcuno ha benevolmente definito il Central Park calabrese.
I beneficiari felici di questa iniziativa sono i bambini più piccoli, le fasce d’età che di più hanno patito la didattica a distanza, irrealizzabile o quasi se hai 3 anni e solo tanto desiderio in corpo di muoverti e saltare.
Calamita Educational ha incontrato la titolare della Scuola privata che ha avviato la bella sperimentazione, Maestra Mena, la cui struttura ospita in condizioni normali una sessantina di bambini da 0 a 5 anni. Oggi, fra tanti limiti, auspici e voglia di tornare alla normalità, ci racconta il periodo di lockdown e le caratteristiche della proposta per la ripartenza fatta ai genitori in più tempi, prima di arrivare alla risposta delle famiglie in questa fine “fase 2” che si appresta a diventare ormai “fase 3”.
“New SummerHill possiamo dire non si è mai fermata, se non altro come laboratorio di idee. Dopo la chiusura brusca delle porte, che ha lasciato tutti noi un po’ spiazzati, abbiamo continuato a lavorare per capire come portare avanti le nostre attività e continuare a tenere viva la relazione con i nostri bambini. Ci siamo così attivate in una sorta di didattica di emergenza, perché non credo in modo sostanziale nella “didattica a distanza” lavorando con bambini così piccoli.
Quali limiti hai riscontrato, Maestra Mena, con i bambini di questa fascia d’età proponendo la Dad?
Premetto che la tecnologia ci è certamente venuta molto incontro in questo periodo, è stata uno strumento molto valido, che ci ha spinto a metterci alla prova con nuove abilità: questo è un fatto positivo. I bambini sono naturalmente aperti al nuovo, quindi hanno accolto con entusiasmo dal principio questa novità, questo passaggio da attività di tipo analogico ad attività di tipo digitale. Un passaggio non semplice per i nostri bambini, abituati al pensiero lungo. Ma lo hanno fatto, accogliendo appunto con entusiasmo le prime proposte che di volta in volta abbiamo preparato per loro, in modo originale, pensato, dedicato, mai prendendo materiali già pronti e disponibili su internet in abbondanza, ma contenuti elaborati da noi apposta per loro, con le nostre canzoni, le nostre attività, i nostri volti, riproposti per loro con un nuovo strumento multimediale.
Un approccio in parte positivo, quindi, per bambini di età inferiore a 6 anni, ma con numerosi limiti, come gli ambienti educativi hanno da più parti evidenziato?
Sì, possiamo dire così, nell’immediato positivo, ma non sui tempi lunghi. Dalla nostra sperimentazione abbiamo imparato che questa modalità, questo approccio, pur avendo riscosso iniziale entusiasmo e interesse, ha avuto un successo breve. E questo è accaduto per diversi fattori, in primis perché il messaggio è stato sempre mediato dal genitore, cosa che non avviene quando il bambino è affidato a noi nelle ore scolastiche. In questa modalità arrivare al bambino è un po’ più complicato. Noi abbiamo proposto all’intera comunità le attività di sempre: parlare, cantare, ascoltare, abbiamo proposto il nostro “Cerchio della meraviglia”, ma con grandi difficoltà, perché il mezzo non aiuta certe forme di comunicazione basate sul dibattito, sul dialogo, ma anche sul linguaggio del corpo, dell’empatia.
C’è un aneddoto in particolare che testimonia questa difficoltà?
Premetto che io ho sempre consigliato alle mamme di non consegnare direttamente in mano ai bambini tablet o cellulari, che avrebbero creato la condizione per essere sottoposti in modo passivo a ulteriori contenuti, ma di far vedere loro sempre negli schermi grandi del televisore i nostri video. Finché siamo riusciti con le proposte a sollevare la loro memoria emozionale, a rievocare quello che si faceva a scuola è andata bene. Ad un certo punto è mancato però proprio quello che dicevamo prima: l’interazione, lo scambio. I bambini non sentendosi ascoltati sempre in maniera interattiva, hanno cominciato a rimanere male, a non percepire la reciprocità del confronto, a cui sono da sempre abituati nelle nostre classi, dicendo alle mamme: “Mamma ma perché la maestra non mi ascolta?”, “Mamma la maestra non mi risponde!”.
Chiaramente il sintomo del bisogno di un contatto diretto. Che cosa è successo a questo punto?
Abbiamo cominciato a immaginare una riapertura reale, in presenza, per rispondere alle esigenze dei bambini, principalmente, e anche delle famiglie, bisognose di supporto nella gestione dei figli con il ritorno quasi normale alla vita lavorativa. Il tutto secondo le nuove norme anti-Covid: orari di ingresso scaglionati e distanziamento in ingresso e uscita; sanificazione degli ambienti; contatti limitati al minimo; niente mensa, asciugamani usa e getta … le abbiamo pensate tutte, ma anche lì non sono mancate le difficoltà. Ancora troppi timori, dubbi e anche costi necessari ma poco vantaggiosi per riuscire a garantire almeno il rapporto di 1 educatore ogni 3 bambini da 0/3 anni; e di 1 a 5 per i bambini da 3/5 anni. Per ciò abbiamo optato per proposte all’aria aperta, che anche in virtù dell’arrivo del caldo, sono state bene accolte e ci hanno consentito di offrire belle opportunità di svago e divertimento, in condizioni di benessere e sicurezza ben gestibili.
Com’è andata? Come è stato il “ritorno ai bambini”?
Decisamente emozionante… meraviglioso… pieno!!! Le mattinate proposte sia al Parco Li Comuni, sia al Parco delle Biodiversità, realtà naturalistiche splendide che Catanzaro ci offre, sono stimolanti, ricche, gioiose. Si respira il desiderio di stare insieme. I Rangers del Parco si sono avvicinati ai bambini più volte, incuriositi e partecipi, e si sono complimentati, definendoci un “modello per tutti”, il ché non può che renderci orgogliosi. Abbiamo ripreso con le nostre lezioni di “Happy English”, abbiamo ritrovato i nostri amici personaggi… e se anche la realtà ancora ci impone regole e prudenza, possiamo dire con certezza che è possibile tornare a stare bene insieme.
(R.P.)
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Sei mamma? Ecco l’undicesima competenza… di cui non puoi fare a meno
Quante competenze richiede l’essere mamma, oggi, in questo momento post emergenza, dopo due mesi di lockdown? Abbiamo provato con la simpatica collaborazione di alcune mamme nostre lettrici e dei loro figli a stilare un rapido, e certamente non esaustivo, elenco. Dieci competenze preziose sono risultate ormai irrinunciabili, più una. L’undicesima: e anche per questa abbiamo una indicazione preziosa per te.
- Bisogna sapere cucinare e fare i dolci, i lavoretti manuali e il bricolage! (mamma Rossella)
- Bisogna saper giocare a pallone, nascondino e strega comanda colore e, soprattutto, bisogna saper trovare ogni giorno il tempo per farlo almeno per un’ora! (mamma Gloria)
- Bisogna saper fare la maestra di matematica, italiano, geografia, arte, musica eccetera eccetera …e danza! (mamma Angela)
- Bisogna saperne di informatica, e se non lo sai devi saper imparare velocemente e senza perdere la pazienza altrimenti non possiamo fare i compiti! (mamma Stefania)
- Bisogna saper allattare! (mamma Federica)
- Bisogna non arrabbiarsi se le scarpe dei bambini restano sparse per casa incastrate sotto il divano, le ciabatte sotto le poltrone, le matite spariscono sotto i tavoli e i trucioli di gomma fra le pieghe dei cuscini! (mamma Barbara)
- Bisogna non perdere la calma se la connessione della piattaforma salta all’improvviso mentre stai caricando la trentaduesima foto del compito di geografia, e sei al quarto tentativo! (mamma Francesca)
- Bisogna saper preparare la cena e gli slime glitterati contemporaneamente senza scambiare gli ingredienti!!! (mamma Roberta)
- Bisogna saper trovare quaderno, libro, matita, temperino, gomma, penna rossa e penna blu cancellabili prima che parta il collegamento con la classe per la lezione di matematica, e raggiungere la cucina in tempo reale se in cameretta oggi non arriva il segnale! (mamma Gloria)
- Bisogna saper rispondere al cellulare se il tuo direttore ti chiama, senza dare l’impressione di essere ai fornelli e senza far sentire la voce della maestra di tuo figlio in video-lezione … visto che stamattina le cuffie hanno smesso di funzionare! (mamma Silvia)
FLESSIBILITA’, CREATIVITA’, ADATTABILITA’ E …
Come ve la siete cavata con le innumerevoli prove che certamente vi accomunano alle mamme che hanno partecipato a questo piccolo sondaggio? Se state annuendo, o magari ridendo alla fine di questo elenco “corale”, va già molto bene, perché il tema può richiedere auto-ironia e leggerezza. Allo stesso tempo, dopo aver condiviso una condizione diffusa, vorremmo soffermarci su ciò che da più mamme e non solo, viene manifestato anche come disagio da adattamento allo stress di questi mesi. Perché se è vero che gli eventi esterni che ci siamo ritrovati repentinamente a dover fronteggiare, ci hanno messo alla prova e siamo sopravvissuti nel miglior modo possibile, è comprensibile anche ci abbiano lasciato spesso in una condizione di stress, insoddisfazione o frustrazione.
Una cosa l’abbiamo imparata di certo: viviamo in un mondo che sempre più ci chiamerà a gestire cambiamenti rapidi, eventi imprevisti e situazioni nuove e complesse. E sempre più lo chiederà ai nostri figli, in famiglia e fuori, chiamando in causa l’uso di competenze non solo scolastiche, ma anche e soprattutto intime, emotive e relazionali. Nella consapevolezza di essere sempre dei modelli di riferimento per loro (come sa bene chi ci ha seguito nel percorso in Dieci passi alla scoperta del Vademecum su come affrontare il Coronavirus con i figli della Fondazione Patrizio Paoletti), vogliamo davvero che l’ultima parola che possiamo testimoniare loro sia stress? Che l’ultima emozione rimasta in noi sia ansia? Che l’ultima sensazione assaporata sia quella del peso e della pressione delle cose da fare?
LA LEGGENDA DEI DUE LUPI
Ci viene in mente una bellissima leggenda, quella dei “Due Lupi”. In questo antichissimo racconto dei popoli nativi d’America si narra: “Un giorno, un nonno e suo nipote si fermarono a guardare il tramonto. Il bimbo chiese: “Nonno perché gli uomini combattono?”. Il vecchio, con voce calma, gli rispose: “Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c’è sempre una battaglia che avviene fra i due lupi”. “Quali lupi nonno?” chiese il bambino. “Quelli che ogni uomo porta dentro di sé: uno è nero e vive di frustrazione, tristezza, gelosia, ansia, risentimento, preoccupazione, orgoglio, bugia ed egoismo. L’altro è il lupo bianco e vive di pace, amore, serenità, speranza, gioia, generosità, compassione, umiltà e fede”. Il bambino rimase dapprima a pensare, poi fece la domanda fatidica: “E quale lupo vince?” Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose: “Saranno sempre in lotta fra loro, ma volta dopo volta, vincerà quello che nutri di più”.
QUALE “LUPO” STIAMO NUTRENDO IN NOI?
Dai tempi degli Indiani d’America ad oggi, qualunque sia l’evento esterno che sollecita e nutre in noi uno dei “due lupi”, la nostra risposta può essere tanto semplice e fondamentale, quanto apparentemente difficile da trovare, se non l’avremo ben alimentata e tenuta presente. Ora che l’emergenza sembra essere superata, come ripartire, dunque? Oltre a tutte quelle che avete acquisito sul campo meritando una medaglia al valore, una undicesima, ma primaria competenza potrà fare la differenza: e si chiama capacità di fare silenzio. Ricordiamoci prima di tutto che in noi, genitori e non, è sempre in atto una battaglia, antica come il mondo. E per ogni “battaglia”, c’è una possibilità, una scelta fondamentale, che poi è un’arte, una disciplina da apprendere, capace di creare “uno spazio” fra noi e ciò che succede fuori di noi, come un “cuscinetto”, per decidere, lontano dalla pressione esterna, quale dei “due lupi” che ci abitano debba prendere la parola.
L’UNDICESIMA MA PRIMARIA COMPETENZA: L’ARTE DELLA MEDITAZIONE
Si tratta dell’antica arte della meditazione. Quest’arte viene praticata, raccomandata e consigliata da molti ormai: dai grandi manager, agli astronauti, a uomini di pace, neuroscienziati, medici, politici, professionisti e, per arrivare a noi, educatori e pedagogisti. Il Dalai Lama afferma che “se venisse insegnata ai bambini fin dalla tenera età, dal mondo sparirebbero tutte le guerre nell’arco di una generazione”. Se avete già contezza dei suoi benefici, certamente comprenderete l’importanza in questo momento e in futuro della sua diffusione. Se invece ancora non vi siete mai confrontati con questa pratica, vi consigliamo di iscrivervi a questo LINK ad un Corso gratuito di 12 lezioni tenute da Patrizio Paoletti, Presidente della Fondazione omonima. Accanto al sano divertimento al tavolo del bricolage; ai giochi in salotto, nel parco o in spiaggia ora che sarà di nuovo possibile; ai bei momenti in cucina impastando pizzette, biscotti e crostate; al sereno sfogliare insieme un bel libro per le vacanze… ricordate di scegliere un momento nel vostro quotidiano per nutrire, in silenzio, “le emozioni del lupo bianco”, a tutto vantaggio vostro e dei vostri figli. E… fateci sapere com’è andata.
(Immagine in copertina LINK)
(R.P.)
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