DIS-IMPARARE: Un percorso intensivo con German Doin in Calabria
IL REGISTA DELL’EDUCACION PROHIBITA DUE GIORNI A MAIDA CON INSEGNANTI E DOCENTI DEL SUD ITALIA PER ESPLORARE LA RELAZIONE EDUCATIVA A 360°. CON LUI PAOLO MAI, COORDINATORE DELL’ACCADEMIA DELLA PEDAGOGIA VIVA
Interviste di Rosalba Paletta
(Nelle foto alcuni momenti del percorso formativo)
Come insegnare al meglio oggi? Una domanda che ogni docente si pone, soprattutto se si ferma a riflettere sulla complessità del nostro tempo; sulle richieste della società; sulle criticità che l’esperienza quotidiana in classe presenta; sui tanti approcci tradizionali e noti che la storia della pedagogia ci consegna, e sulle tante pratiche educative contemporanee sperimentali che prendono vita alle più disparate latitudini del Globo e che stanno cambiando da dentro il fare scuola, segno che la ricerca su questo fronte è più che mai viva e vegeta.
Se quell’insegnante pensieroso si sofferma sui momenti positivi che riesce a innescare con i suoi allievi, magari ad un occhio esterno in maniera inspiegabile, sente che una via c’è, ed è fatta di competenze, di grande passione, volontà di mettersi in gioco a 360° nella relazione educativa. Una via che parte da dentro e si muove verso…, per arrivare a ciascuno dei propri studenti, là fuori, facendo tesoro di stimoli e spunti molteplici e di nessuno in maniera esclusiva, capaci di rendere questi “momenti” che si è avuta la fortuna di vivere, duraturi, continui, proattivi, e farne la base di un proprio “metodo”.
Per approfondire questi temi si è svolto in Calabria un seminario esperienziale di due giorni promosso dall’Accademia della Pedagogia Viva, coordinata da Paolo Mai, tenuto da German Doin, ricercatore pedagogico di fama mondiale, regista del docu-film La Educacion Prohibida, fondatore e coordinatore generale di Proyecto C, uno spazio culturale ed educativo all’avanguardia nella città di Buenos Aires, in Argentina. La sua risposta alle tante istanze di docenti, famiglie, educatori è “Dis- Imparare”, percorso pratico intensivo frutto di anni di lavoro e studio di attività pedagogiche disparate. Ad ospitare i due esponenti del panorama educativo contemporaneo una brillante esperienza di “pedagogia viva” e sperimentazione educativa locale, ovvero la tenuta ove sorge l’Asilo Nido Montessori in natura guidato dalla pedagogista Viviana Vitale, che si divide fra questa realtà nella rigogliosa tenuta dell’Agriturismo Costantino a Maida, e un’altra realtà degna di nota nel panorama educativo calabrese, ovvero L’asilo del bosco e del mare di Montepaone, sempre in provincia di Catanzaro.
(Nelle foto alcuni momenti del percorso formativo)
A margine dell’incontro, che ha accolto per un intero week end educatori, docenti, genitori provenienti dal centro-sud Italia, abbiamo avuto il piacere di confrontarci con i protagonisti di questa straordinaria esperienza formativa.
INTERVISTA A GERMAN DOIN
BENVENUTO IN CALABRIA, GERMAN! CHE COS’È IL PERCORSO DIS-IMPARARE CHE LA VEDE QUI IMPEGNATO?
(Nella foto German Doin, ricercatore e regista del docu-film La Educacion Prohibida)
Grazie. Io ho conosciuto molte esperienze educative, fino ad ora, e tutte hanno proposte molto valide, ma quello che ho riscontrato nella mia ricerca è che tutte queste esperienze, sia quelle tradizionali, sia alcune più innovative, guardano all’educazione da un solo punto di vista. Io credo che sia importante che l’educazione abbia una visione integrale, perché non accompagniamo un solo bambino, ma una moltitudine di bambini, una moltitudine di famiglie, di storie… Quindi per questo è importante che noi educatori sperimentiamo questa diversità, il loro integrarsi e noi stessi nella relazione. In buona sostanza queste sono le basi sulle quali sto lavorando con il gruppo di educatori in questo percorso di formazione qui in Calabria: stiamo lavorando con le emozioni, con le idee, le sensazioni, il corpo, il cuore, in maniera integrale.
Come si può conciliare tutto questo con il modo di fare scuola che è più tradizionalmente diffuso, anche se non per questo immune di criticità ….?
Io credo che ci siano molte modalità. Una dimensione pratica, una dimensione del corpo della scuola, degli spazio, dei materiali, dei percorsi e dell’organizzazione del tempo, e ci sono molte pedagogie alternative, speciali, iniziando dalla pedagogia viva, che hanno sperimentato modi strutturali di cambiare il corpo della scuola, per esempio portando la scuola “fuori dalla scuola”, in natura. Ma al di là di queste esperienze, la cosa veramente importante è cambiare il cuore della scuola, il come guardiamo al bambino, il come intendiamo guardare alla sua storia e come relazioniamo la nostra storia personale con ciascun bambino e ciascuna bambina che incontriamo. Questo non richiede di cambiare la forma, questo richiede di cambiare la mirada (l’uso del termine in lingua originale utilizzato da German Doin per indicare “lo sguardo”, è maggiormente evocativo, per questo mi astengo dal tradurlo, NDR). E quindi … poterci chiedere perché stiamo educando, con quale sentimento, per fare cosa, per andare dove, questo sì, richiede un cambio strutturale, in realtà politico, perché parte dal perché stiamo educando. Però io credo che ciascun educatore, ciascuna educatrice, può iniziare ad agire un cambio nella struttura, per me principalmente emozionale, poi nella dinamica pedagogica e, infine, così facendo, trasformare il sentimento integrale dell’azione educativa.
German la sua fama a livello internazionale in ambito educativo è nata con la diffusione del Docu-film “La Educacion Prohibida” e da lì è stata un crescendo: ci racconta che cosa è stata per lei quell’ esperienza?
La Educacion prohibida è stata un progetto durato tre anni, partito da una necessità mia da giovane, all’epoca avevo solo 21 anni, di andare alla ricerca di forme di educazione possibili per trasformare le relazioni, nella certezza che la scuola sia un luogo dove si possono evitare, o meglio prevenire, i grandi problemi del mondo; non si può risolvere tutto, però la scuola può avere un importante ruolo per il cambiamento sociale. Questo docu-film è stato un progetto indipendente, senza appoggi, né aiuti del mondo del cinema, ed è stata un’avventura di ricerca, di esplorazione, che poi si è tradotta in un documentario, oggi considerato un classico nel suo genere (l’esperienza risale ormai a undici anni fa). E’ un film girato in diverse situazioni di studio, di ricerca, di formazione, in tutta l’America latina e anche in Europa. E’ una referenza obbligata per ogni educatore per iniziare a domandarsi. Ciò che mi sorprende e mi gratifica moltissimo è sapere, quando parlo con persone in differenti parti del mondo, che è stato di ispirazione a centinaia di educatori per iniziare il cambiamento, aprire nuove scuole, cambiare la relazione con i propri figli, i propri studenti. Sono ancora oggi molto grato per aver vissuto questa esperienza. Credo che nel momento in cui è nato, fosse un’azione necessaria, di cui si sentiva il bisogno, e se non lo avessi fatto io, lo avrebbe certamente fatto qualcun altro. Io stesso ho appreso moltissimo da esso, sta a tutti noi trasformarlo in realtà, attraverso un percorso di lavoro e ricerca personale.
A CONFRONTO CON PAOLO MAI: “LAVORIAMO IN TUTTA ITALIA CON UNA RETE DI FORMATORI INTERNAZIONALE, OVUNQUE LA SCUOLA MANIFESTI UN BISOGNO”
(Nella foto Paolo Mai – Coordinatore dell’accademia della Pedagogia Viva)
Come tutti i sistemi complessi anche il mondo della Scuola presenta criticità, punti di debolezza, accanto a infinite potenzialità: Doin ci ricordava l’impatto che la scuola può avere nel migliorare la società nel suo insieme e i singoli individui al suo interno, solo per citarne una. Ma lavorare sulle criticità non è semplice. Fino a qualche anno fa, luoghi privilegiati di sperimentazione pedagogica erano le strutture private, ora sta cambiando qualcosa anche nella scuola pubblica, vero?
Come Accademia della Pedagogia Viva viviamo un momento di grande fermento. Se fino a qualche anno fa l’interesse prevalente di rinnovamento nel fare educazione era fuori dalla scuola statale, negli ultimi anni stiamo lavorando molto dentro la scuola pubblica. Si avverte questo bisogno, ci sono le competenze, c’è questa possibilità, e quindi lo stiamo facendo trasversalmente, in tutta Italia, in lungo e in largo. In Accademia ci sono 600 insegnanti delle scuole pubblica che partecipano a questo processo.
L’Accademia riunisce esperienze diversificate. Come vi intercetta la Scuola che magari non ha ancora chiara la modalità di fare scuola “diversamente”, ma sente un malessere, avverte un bisogno …
Molto semplicemente, ci scrive una mail, ci invita e noi andiamo a conoscerla. Abbiamo una rete di formatori molto grande, alcuni anche internazionali, con i quali affianchiamo e accompagniamo ogni scuola a partire dai suoi bisogni. Non c’è un percorso unico, con ogni scuola avviamo lavori diversi che partono dalle necessità e dai bisogni specifici. Crediamo che i cambiamenti debbano essere lenti e graduali, c’è un punto di partenza che dipende da ciascuna scuola. Quindi prima ci conosciamo e poi immaginiamo insieme il primo passo. Camminando viene fuori il percorso.
Per la sua esperienza, che tiene conto di uno straordinario numero di esperienze educative, scolastiche, tanti Insegnanti, tanti Dirigenti, in tutta Italia e non solo, può dirci se c’è un bisogno ricorrente che ha individuato?
Assolutamente sì: non credo che alla scuola Italiana manchi la conoscenza. Riscontro invece tante difficoltà di relazione all’interno dei gruppi di lavoro, con le famiglie e con i bambini. Imparare a stare in gruppo e relazionarsi richiede un lavoro su noi stessi tanto importante, perché oggi è difficile, in quanto il materialismo, l’egoismo, l’edonismo sono trappole in cui si cade molto facilmente. Il bisogno ricorrente che osservo è creare un nuovo tipo di relazione; la strada è di non voler cambiare gli altri, ma di lavorare su noi stessi.
(Nella foto momenti e attività del percorso formativo in natura)
“CON GERMAN DOIN UN MOMENTO DI POSSIBILITÀ DI FORTE IMPATTO! TUTTI GLI EDUCATORI DOVREBBERO POTERLO SPERIMENTARE”
Nella foto Viviana Vitale, pedagogista, educatrice Asilo Nido Montessori (Maida), Asilo al mare e nel bosco (Montepaone)
Viviana da che cosa nasce il suo desiderio di promuovere questo percorso in Calabria?
Questo incontro è connesso con i processi di ricerca che erano in atto dentro di me e nel mio gruppo di lavoro, a partire dal quotidiano. Quindi avere l’opportunità di lavorare sugli elementi e su come questi influiscono sul nostro essere, ma anche sul nostro apporto educativo con i bambini, a partire dall’elemento simbolico della pianta, dell’albero, è stato molto significativo. German Doin è partito proprio dalla similitudine con la pianta, il seme, le radici, per farci comprendere come si nutrono e crescono i bambini nell’ambiente educativo e come ci nutriamo noi educatori; ha esplorato come germogliano e sbocciano, cosa significhi la luce in termini metaforici per un bambino che cresce e ha bisogno di stimoli, di come le piante diano frutti e lascino cadere il fogliame. Tutto secondo un tempo proprio.
Lei nel suo lavoro quotidiano muove da posizioni montessoriane: ha trovato punti di contatto significativi?
Sì, in particolare con l’importanza che la dottoressa Montessori attribuisce ai primi mille giorni di vita dopo il parto e agli stimoli che è fondamentale fornire ai bambini nei primi tre anni di vita, costruendo un ambiente alla sua portata: il secondo utero che si prepara per accogliere il bambino e accompagnarlo nella sua crescita, come l’utero accoglie la nuova creatura in grembo. Ma potrei citarne molti altri…
Come ha vissuto l’esperienza formativa con German Doin?
Potersi domandare per un intero week-end chi sono come educatrice, come mamma, come donna, che cosa vorrei cambiare, che cosa ho voglia di fare di nuovo, vivere un momento cosi forte di possibilità è estremamente importante e prezioso, e credo debbano poterla vivere tutti gli insegnanti, tutti i maestri, gli educatori, i genitori. Poter uscire dal loro ruolo, facilitati e guidati nello sviluppo dello sguardo di aquila, dall’alto, per vedere quali sono le cose che vanno modificate, se non in linea con il proprio sentire, il proprio profondo, per poterlo modificare, è quanto mai prezioso. Non è facile riconoscere ad una certa età, dopo tante convinzioni, magari apparenti, mettere in discussione qualcosa, o tutto, e ripartire. Non è facile, ma è meraviglioso e soprattutto è possibile. E quando lo facciamo in ambito professionale educativo, è straordinario quello che si costruisce attorno. Quindi grazie per questa grande opportunità formativa.
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Didattica parentale al tempo del Covid: una scelta originale
Lucia Pintimalli è una mamma a tuttotondo. Con il suo ultimo nato abbarbicato al collo, il secondogenito per una mano e la prima nata, Mya, stretta nell’altra, ogni mattina accompagnava a scuola quest’ultima. Siamo nell’era pre-Covid. Ma un giorno questa normalità fu spazzata via e il resto è storia. Anche lei si è ritrovata sull’altalena della scuola fra lezioni in presenza e didattica a distanza.
Solo che lei, ad un certo punto, dall’altalena è scesa. E ha continuato per conto suo, con quella che si chiama “didattica parentale”, conosciuta anche come scuola familiare, paterna, o con i termini anglosassoni: homeschooling o home education.
I ricordi di una scuola che costringeva a lunghe ore seduta davanti ad una cattedra e un’attualità non troppo diversa, hanno certamente influito sulla scelta di Lucia. Per questo vi proponiamo la sua originale testimonianza, proprio in questo mese di febbraio che fra il 20 e il 21 vedrà svolgersi, on line ovviamente, il Festival Internazionale della Pedagogia Viva: due giorni di seminari e tavole rotonde per scoprire le possibilità disegnate dalle ricerche neuro scientifiche e da pratiche e progetti educativi innovatori. Oltre venticinque relatori italiani e internazionali: una grande panoramica sulle opportunità per migliorare l’educazione.
Ci piacerebbe fossero presi in considerazione dal Ministero dell’Istruzione in questo preciso momento storico, poiché le crisi sono per definizione (crisi deriva dal verbo greco krino = separare) segno di rottura, di cambiamento. Gli esempi, che vengono dalle diverse pratiche educative esistenti, sono davvero tanti e stanno alimentando una trasformazione virtuosa in tutto il mondo.
Perché ha scelto di ricorrere alla didattica parentale?
Sicuramente tra le proposte scolastiche del territorio, quando è arrivato il momento di iscrivere a scuola Mya, ho scelto la migliore, ma era ancora molto lontana dal mio modello ideale. Quando l’ho accompagnata in classe il primo giorno e ho visto ancora la grande cattedra al centro con i banchi di fronte in fila, mi è venuto un nodo in gola. Per fortuna l’accoglienza era gioiosa e avevo molta fiducia nelle insegnanti, che si sono rivelate bravissime.
Poi è arrivata la pandemia e la vita è cambiata per tutti…
Sì… Inutile dire che è stata stravolta e che ad ognuno è stato chiesto di fare la sua parte. A mia figlia di 7 anni è toccato il dovere di sedersi ad un banco, divisa dalla sua migliore amica da una striscia da non oltrepassare. È toccata la mascherina per tutto il giorno. È toccato rimanere a guardare la lezione, senza potervi partecipare, il giorno che per errore ho sbagliato libri da mettere nello zaino e nessuno poteva condividerli con lei. È toccato tornare a casa a confessarmi: “Mamma non possiamo più cantare se no sputacchiamo troppo, a me piaceva tanto cantare!”. Io che speravo di iscriverla in una scuola con spazi aperti e laboratori, mi trovavo ad accompagnarla in una stanza dove dover stare ferma il più possibile.
Poi è iniziata la Didattica a Distanza?
Sì… la soggezione di trovarsi davanti alla web cam e avere timore di rispondere, studiare in videoconferenza 3 ore nella stessa stanza in cui i fratelli piccoli corrono e fanno chiasso.
Non è una contestazione contro le misure adottate, credo che bambini e insegnanti abbiano fatto il massimo delle loro possibilità. Non mi sarei mai voluta trovare al posto di chi ha dovuto decidere. Ma eravamo sempre più lontani dal mio ideale di scuola…
A questo punto, da genitore, ha preso il coraggio a quattro mani e si è detta: “Io cosa faccio?”
Mi sono interrogata per mesi. Non ho dormito per giorni cercando di capire come affrontare la cosa. Prima di passare in istruzione parentale, ho anche frequentato una “scuolina” sulla spiaggia (dove non vediamo l’ora di tornare!), in cerca di conferme. Osservavo mia figlia. Quanta bellezza c’era in quel posto. Una grande fatica. Mi svegliavo all’alba per preparare zaini e pasti per tre figli e mi avviavo a 30 km da casa. Ma la felicità che vedevo nei loro occhi era impagabile. Dopo poco è arrivato il primo lockdown e la chiusura delle scuole. Quel giorno ho preso la mia decisione e ho mandato la comunicazione alla Dirigente della Scuola.
Quali novità ha portato nella sua vita, ed in quella di Mya la didattica parentale?
Ho intrapreso questo percorso con una meravigliosa compagna di viaggio, anche lei madre di tre figli. I nostri figli studiano insieme, con lei c’è una grande sintonia e i nostri figli si fanno compagnia. E questo è molto importante. La nota positiva per eccellenza è che i bambini possono viaggiare al loro ritmo, e anche noi adulti in verità: uscire di casa per essere puntuali in classe, talvolta con la pioggia, con i piccoli, non era il massimo. Scienze, geografia e matematica si possono imparare al parco, guardando e toccando con mano quello che riportano i libri scolastici. Mi sono appassionata al metodo Montessori, ai suoi strumenti tattili. I bambini hanno bisogno di fare esperienza con le mani, li aiuta molto nell’apprendimento. Ho scoperto anche le risorse del web. Ci sono insegnanti meravigliose che hanno messo il loro sapere e la loro fantasia a disposizione di tutti. E poi c’è il rapporto con i nostri figli. Siamo genitori ma siamo anche i loro insegnanti. Questo richiede mettersi in gioco, intesa, sintonia, dialogo…
Fra punti di debolezza e i punti di forza, anche se non siamo ancora a fine anno, può fare un bilancio?
Al momento il limite maggiore lo trovo nei contenimenti dovuti al Covid e nella difficoltà a trovare altre persone che abbiano fatto questa scelta. Avevamo progettato gite nei musei, nelle botteghe, nei caseifici. Ma al momento è tutto fermo. La casa è un disastro. Insomma ho messo in cantina la mia indole precisina e cerco di vivere il qui e ora. Punti di forza? Passo moltissimo tempo con loro e cerco di conciliare tutto, cercando di essere molto flessibili. Mi sono ritrovata a fare matematica anche alla fine di un bagno caldo, sfruttando il vetro offuscato dalla condensa come lavagna. Ma sto vedendo la mia bimba sbocciare. Il bilancio è positivo.
Che cosa ne la piccola Mya?
Ascoltate qui in questo audio il suo racconto!
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Nella “notte prima degli esami” intervista agli studenti e in bocca al lupo da Calamita Educational a tutti i maturandi
“Ci è mancato il pranzo dei 100 giorni!”. “Alzarsi presto al mattino per andare a scuola dopo quest’anno, non sarà più un peso per nessuno studente!”. “A mancarci più di tutto è stato il contatto diretto con i prof.”. “Fra compagni non ci siamo mai persi di vista grazie ai social”. “Da settembre la didattica normale avrà un valore aggiunto, quello tecnologico, che fino a pochi mesi fa non avevamo potuto sperimentare”.
Ecco dipinto con 5 pennellate l’anno scolastico 2019/20 segnato dal Covid-19, e raccontato in una bella chiacchierata dagli studenti del 5 Liceo Scientifico di Cariati (Cs) e dal loro Prof. Domenico Liguori, docente di Matematica e Fisica, fra l’altro responsabile del progetto “Raccontiamo Rodari! Viviamo Rodari! Celebriamo Rodari!”, che afferma: “Ci è mancata la componente emotiva e interattiva dell’insegnamento, qualcosa che nessuna macchina potrà mai darci!”.
Fabrizio Bassis e Benedetta Scarpello della 5B, Maria Teresa Romano, Michela Salatino ed Elena Tranquillo della 5A, hanno raccontato a Calamita Educational questi ultimi mesi di lockdown; lo studio da casa; i progetti e i sogni iniziati e drasticamente interrotti… e la grande emozione degli esami di maturità.
In questa fatidica “notte prima degli esami” un grossissimo in bocca al lupo da Calamita Educational va a loro, a tutti gli studenti dell’I.I.S. di Cariati e a tutti gli studenti calabresi e italiani che si apprestano a vivere questa prova importante. Nel video è possibile ascoltare l’intervista integrale realizzata con il prof. Liguori nella prima parte e con i ragazzi nella seconda. Forza ragazzi!!! Siete forti!!!
(R.P.)
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Divertimento e altro per gli ultimi tre passi del Vademecum con Patrizio Paoletti. Da oggi on line le repliche delle video-lezioni gratuite
Siamo giunti alla terza e ultima parte dell’intervista con Patrizio Paoletti che ci presenta il Vademecum “Emergenza Coronavirus: 10 passi per parlarne con tuo figlio”. Uno strumento di grande concretezza ed efficacia che, come abbiamo già detto, può essere utile a ognuno di noi, e non soltanto a chi ha bambini piccoli. Oggi parleremo di divertimento, di come combattere il virus dell’ignoranza, e di come diventare congrui con il Vademecum possa essere vantaggioso per noi e per gli altri. Nelle prime due puntate abbiamo affrontato i primi 6 passi, che potete rileggere a questi link:
Oggi riprendiamo il percorso con il settimo passo, che ci invita a divertirci insieme. Per tanti di noi è difficile, ricordava lei la condizione di tante famiglie che vivono in appartamento, che non possono godere di spazi all’aperto e di luoghi di divertimento consentiti di norma ai nostri bambini. Ma per molti NO che in questo momento siamo costretti a dire, possiamo trovare altrettanti Sì, l’importante è proporli in maniera positiva e divertendoci. Come fare?
P.P.: Sì! Mi piacerebbe spezzare una lancia in favore della giocoleria! Si impara divertendosi, è un dato scientifico: il cervello delle persone predisposte al divertimento, che vedono la vita e la interpretano in modo positivo, funziona meglio e apprende più facilmente delle persone negative e poco curiose, incapaci di confrontarsi con la vita. Se questo è ciò che la neuroscienza ci sottolinea, dobbiamo cercare di sviluppare in noi questa triplice dimensione che è la curiosità, la sfida della novità, intraprendere la sfida del non abituale perché questo attiva il nostro cervello, i nostri neuroni e ci rende capaci di apprendere di più, ma soprattutto più velocemente. Quindi, ad esempio, con i nostri figli potremmo provare e diventare giocolieri. E’ sufficiente avere tre arance, tre mele… Ma – direte voi -: “Cadranno mille volte!”. Sì, è probabile, ma se quando cadranno non ci faremo trovare arrabbiati, perché la pallina che cade certifica la nostra incapacità, ma piuttosto interagiremo con quel momento di crisi, in maniera propositiva riprendendo la pallina e riprovando subito, dicendo ai nostri figli “Guarda è normale che accada! Accade anche a mamma!”, “Accade anche a papà!”, scopriremo che essi impareranno velocemente a diventare giocolieri, ma soprattutto impareranno che la difficoltà non è un ostacolo, ma uno stimolo a riprovare.
Grazie per il meraviglioso stimolo! Sono certa che proveremo in molti! Un “virus” che non è mai stato debellato, contro il quale esistono dei vaccini, ma non sempre se ne fa uso, è l’ignoranza. Rispetto ai danni di questo “virus”, anche in questa particolare situazione, ci mette in guardia il passo numero 8 del Vademecum, che ci dice: “Supera il virus più pericoloso: l’ignoranza”. Come combatterla, anche in questo particolare momento?
P.P.: L’ignoranza si combatte con la verifica scientifica, sempre! L’ignoranza più grande è quella di credere a tutte le fake news che troviamo sul web, semplicemente perché le vediamo bene impacchettate e ci sembra che provengano da un sapere, accademico o scientifico, verificato o verificabile. Non è purtroppo sempre così, non solo nel caso del Coronavirus. Non è così in mille casi diversi della nostra quotidianità, quando prendiamo per buona la parola che l’amico ci dice, a discapito di un altro amico, magari etichettandolo con un segno meno. Dovremmo andare a verificare, ancora di più in questo caso dobbiamo capire che “Io resto a casa” è un dato significativo, importante, e non può essere discusso, semplicemente perché non riguarda solo me ed il mio libero arbitrio, ma Noi. E nell’istante in cui qualcosa che io faccio coinvolge anche l’altro, devo rendermi conto che è quello il mio limite, che deve essere rispettato. Quindi è la verifica che vince l’ignoranza. E’ una sfida difficile ma indispensabile per migliorare la nostra vita e quella dei nostri figli, educandoli al Bene, al Bello, al Vero, al Giusto, come diceva Socrate.
Per il nono passo rimandiamo i nostri lettori alla lettura integrale della seconda puntata di questa nostra chiacchierata, in cui abbiamo parlato dei passi n. 6 e 9 appunto, partendo dall’importanza del dialogo interno per ristrutturare realtà ed emozioni. Ci siamo soffermati sul ruolo centrale che assume per ciascuno il “dirci” e il “dire bene le cose”, giocando con la parola “bene-dire/dire-bene”, e abbiamo sottolineato l’importanza “creatrice” della narrazione. Ogni cosa assume il valore e il contorno che attribuiscono ad essa le nostre parole. Un passaggio cruciale, che consigliamo ai nostri lettori di andare a rileggere. A questo link troverete la pubblicazione integrale: https://www.calamitaeducational.it/3583-2ce-una-intimita-che-lempatia-raggiunge-e-di-cui-lempatia-si-nutre-che-e-gia-curativa-di-per-se-perche-quando-laltro-si-sente-compreso-contenuto-gia-si-tra/. Ora ci avviciniamo all’ultimo passo del Vademecum, il decimo, con l’invito a divulgare e contribuire in ogni modo possibile, a diffondere le indicazioni di questo strumento. Non un semplice atto di promozione, ma un invito alla sperimentazione e alla testimonianza. Lo abbiamo detto, nel nostro piccolo cerchiamo di farlo, responsabilmente, ma con lei vorremmo ancora una volta ripeterlo per tutte le famiglie che ci seguono. Quanto è importante, signor Paoletti, in questo momento testimoniare speranza e progettualità?
P.P.: Tutta la mia gratitudine va a voi, a tutti i media e a tutti coloro che accettano la sfida a diffondere qualcosa che sia davvero utile in questo momento presente: il Vademecum lo è, ne sono certo davvero. E’ una sfida importante perché chiede a ognuno di diventare congruo con il Vademecum, congruo con le sfide che il Vademecum ci lancia e con le opportunità che ci apre, congruo nel testimoniare: “Scoprilo anche tu, prova a metterlo in pratica”. Sono pochi passaggi, semplicissimi passi, che però possono in questo momento della nostra vita familiare e della nostra storia, diventare un supporto straordinariamente significativo. Quindi vi ringrazio, uno se vorrete diventarne testimoni; due se vorrete, testimoniandolo, anche condividerlo con gli altri.
La ringrazio per questo tempo e per le sue parole. Mi auguro che saremo in tanti a sperimentare, potremmo dire a verificare l’efficacia e il potere di queste indicazioni in prima persona, nel nostro quotidiano, con le nostre famiglie. Io vorrei adesso, approfittando della sua disponibilità, strapparle una ulteriore promessa. Il presupposto del Vademecum è prendersi cura prima di tutto delle nostre emozioni. E per farlo, un ulteriore presupposto è conoscerle. Vado così a citare il suo ultimo libro, “L’intelligenza del cuore – comprendere le emozioni per realizzare i nostri sogni” edito dalla Bur. Uscito a novembre è stato travolto nella sua diffusione dall’emergenza da Covid19. Alcune presentazioni sono state realizzate in modalità web, e so anche avere avuto un grande successo di pubblico. Vorremmo allora continuare a discuterne e mi piacerebbe invitarla ancora a Calamita Educational per parlare insieme a lei dell’ “Intelligenza del cuore”, posso contarci?
P.P.: Ne sarò onorato e felicissimo. Accetto l’invito e mi renderò disponibile appena lo vorrete per parlare con voi dell’intelligenza del cuore, per approfondire questo bellissimo ossimoro che c’è fra intelligenza e cuore, che raramente troviamo accostati insieme, ma che invece sono “la” relazione giusta, come spiegheremo…
Grazie a Patrizio Paoletti, si riguardi e a presto con “L’intelligenza del Cuore”!
Per tutte le mamme, i papà, i nonni, gli educatori e gli insegnanti che rendono preziosa la nostra community e seguono le nostre pubblicazioni, ricordiamo che da oggi, lunedì 27 aprile, è possibile seguire in replica le 10 Video Lezioni gratuite sui singoli passi del Vademecum, tenute da Patrizio Paoletti e dagli Esperti della sua equipe: a partire dalle h. 15.00 alle 15.30, le lezioni rimarranno fruibili fino alle h. 21.00. Per iscrivervi e ottenere maggiori informazioni collegatevi al sito: https://fondazionepatriziopaoletti.org/prefigurareilfuturo/
Ricordo anche che gli stessi esperti della Fondazione Paoletti rispondono al numero verde 800 858 440 – disponibile tutti i lunedì, mercoledì e sabato dalle ore 14.00 alle ore 19.00. Anche questo Sportello telefonico, denominato: “Parlami, ti ascolto”, dedicato a genitori, famiglie, adolescenti e anziani per offrire ascolto e supporto in questo momento di emergenza sanitaria, è gratuito e a disposizione di tutti.
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Tre nuovi passi da compiere con Patrizio Paoletti per trasformare in vantaggio questo tempo in famiglia
Avete provato a mettere in pratica i primi tre consigli del Vademecum della Fondazione Patrizio Paoletti per migliorare queste giornate così fuori dall’ordinario che ci troviamo a vivere con l’emergenza Coronavirus?
Se lo avete fatto, siamo certi che avrete già potuto osservare piccoli cambiamenti positivi. Sarete desiderosi quindi di conoscere quali siano i passi successivi, illustrati da un interlocutore speciale come Patrizio Paoletti, uomo di pace, mentore, influencer e disruptor-coach, che da oltre trent’anni si occupa di Sviluppo Personale, attraverso il programma Human Inner Design e la School of Self-Awareness. La validità del suo pensiero è confermata dalle ricerche in ambito neuro-scientifico e dalle collaborazioni con scienziati, Istituti e Università internazionali quali la Bar Ilan University di Tel Aviv, l’Università La Sapienza di Roma e l’Istituto di Neuroscienza della Fondazione Patrizio Paoletti. Per noi di Calamita Educational è un onore averlo intervistato e potervi proporre le sue considerazioni.
Riprendiamo dunque da dove ci eravamo lasciati, ovvero il quarto passo del Vademecum, realizzato nell’ambito del progetto “Prefigurare il futuro: metodi e tecniche per progettare speranza e progettualità”, coordinato a livello nazionale dalla dottoressa Tania Di Giuseppe, psicologa della stessa Fondazione Patrizio Paoletti. E nel farlo partiamo da una parola a noi nota, ma forse non troppo conosciuta per davvero, ovvero “abitudini”. Possono essere delle alleate, ma anche degli ostacoli.
Presidente Paoletti, il quarto passo del Vademecum ci suggerisce di affidarci alla routine, definendola “una grande amica”. In che senso le abitudini ci possono supportare, quelle vecchie e quelle nuove, oggi che le nostre quotidianità sono sospese?
P.P.: Facciamo l’esempio semplice di un bambino molto piccolo che inizia ad andare all’asilo: quando questo avviene parliamo di inserimento. Che cos’è in definitiva l’inserimento per un bambino in una nuova dimensione di vita che non gli è abituale? La creazione di una nuova routine, e ogni routine è fatta di riferimenti, che siano significanti e che quindi riescano a trasferire dei contenuti come la tranquillità, la voglia di essere lì, di avvantaggiarsi di quel momento, il desiderio di incontrare altri bambini. Trasliamo questa situazione che abbiamo appena adesso descritto in quella che è la nostra quotidianità: tutta la nostra vita è fatta di routine, consapevoli e, soprattutto, per la maggior parte, inconsapevoli, che ci sono state trasferite semplicemente come descrivevo poco fa. Oggi una parte di queste abitudini è stata interrotta, è accaduto, e noi dobbiamo semplicemente essere resilienti, dobbiamo essere flessibili, dobbiamo produrre quella capacità di adattamento che rende la nostra specie unica su questo pianeta, perché la sola ad avere tale elevata capacità di adattamento sul Pianeta. E infatti abbiamo vinto sfide ben più impegnative di quelle attuali, come quella dell’evoluzione, proprio perché siamo stati capaci di adattarci e adeguare i nostri punti di vista, di produrre scenari diversi, cosa che altre grandi specie non sono state capaci di fare nei tempi richiesti, cioè velocemente, e si sono estinte. E’ meravigliosa la capacità dell’uomo di adattarsi al cambiamento. Non sarà questa la situazione nella quale ci fermeremo.
In che modo dunque le diverse routine, ovvero le abitudini che compongono la nostra quotidianità, possono rivelarsi per noi tutti delle grandi amiche, oggi che ci troviamo immersi in contesti quotidiani “nuovi”?
P.P.: Se le trasformiamo a nostro vantaggio, ad esempio scegliendo di introdurre nella nostra giornata nuove abitudini, abitudini vantaggiose: un attimo di silenzio, di calma, di dialogo interno, ad esempio, che ci permette di essere determinati a mantenere proattiva la nostra relazione all’interno del nostro tessuto familiare, visto che stiamo parlando di questo adesso. La routine, fatta di momenti condivisi, che creano un ritmo, una cadenza, capace di generare intensità nella relazione, non può che fare la grande differenza. Noi dobbiamo essere capaci di trasformare questo momento che potrebbe essere di crisi, come dice la parola stessa (Etimologia della parola: Dal lat. crisis, dal gr. Krísis: scelta, decisione, Ndr), in un momento capace di generare vantaggio, che ogni crisi ha in sè, che è quello della trasformazione. Non saremo più gli stessi, ma chi dice che saremo peggiori? Dobbiamo dirci invece, e impegnarci, per uscire migliori da questa situazione, e la routine in questo caso diventa uno strumento straordinario di autogestione dei nostri figli, se parliamo di relazione con loro, e ancora prima di relazione con noi stessi.
NEURONI SPECCHIO, EMPATIA, ASCOLTO
Torneremo su questa bella provocazione che ci lancia, signor Paoletti, ovvero: chi dice che saremo peggiori dopo questo momento? Sono davvero tante le opportunità che si aprono davanti a noi… Ora invece proseguiamo con il quinto passo del Vademecum, che ci suggerisce di creare sintonia con ciò che ci sta intorno: “Prima di parlare, ascolta!”. Che importanza ha l’ascolto, in questo momento particolare, e come si configura?
P.P.: Abbiamo parlato dei “neuroni specchio” di Rizzolati, di empatia, ora arriviamo all’ascolto. Una forma alta, altissima di sintonia, è la relazione empatica: ancor prima di dirti qualcosa, di istruirti, di rimproverarti per ciò che stai facendo, devo chiedermi di ascoltare ciò che hai da dirmi, non con le parole, ma con le tue azioni. A qualsiasi gesto (o non gesto) corrisponde una condizione che lo ha sollecitato, nutrito, prodotto. Soltanto un’attenzione specifica, con una volontà messa in campo di diventare empatici, di leggere davvero, al di là della sua manifestazione, il segnale che lo ha prodotto, ci permette poi di utilizzare qualunque segnale, anche il momento di crisi, il momento dell’isteria, del pianto, della rabbia, in qualche cosa di utilizzabile. E quindi io posso educarti attraverso le tue azioni, se riesco a restituirtele in modo empatico, e non semplicemente attraverso il “devi fare quello che ti dico”, che in alcuni momenti può sembrare inevitabile, ma che io cercherei di evitare il più possibile e sceglierei la via della relazione empatica. C’è una intimità che l’empatia raggiunge e di cui l’empatia si nutre, che è già curativa di per sé, perché quando l’altro si sente compreso, contenuto, già si tranquillizza di per sé e già tutto prende un’altra via, quella del bene, quella migliore. Anche questo, più lo rendiamo routinario, cioè più ci educhiamo a renderlo abitudine, a far rivivere questo desiderio di raggiungerti, di entrare in contatto, di ascoltarti, più la nostra capacità di fare accadere questo, aumenta. E la velocità in questo momento della nostra storia è importante. Riuscire a fare accadere quel che vogliamo nel migliore tempo possibile è importante per riuscire ad uscire da questa situazione il prima possibile.
Signor Paoletti, in uno dei suoi molti scritti sulla Pedagogia per il Terzo Millennio, il Metodo pedagogico teorizzato da lei e dalla sua Equipe, lei afferma che un NO detto con amore è come un Sì. Userei questa affermazione paradigmatica del suo pensiero, per passare alla domanda successiva: dall’empatia, all’importanza della narrazione. Lo psicologo Paul Watzlawick, esponente della Scuola di Palo Alto, afferma: “La realtà è narrazione”. Partendo da questa citazione riprendiamo il filo del nostro discorso sull’importanza del dialogo interno, che poi è l’origine del dialogo che manifestiamo, potremmo dire due facce della stessa medaglia. Nel Vademecum sono distinte in due diversi passi, il numero sei: “Scegli le parole giuste: le storie hanno potere” ed il numero nove, ovvero: “Impegnati a dire bene le cose”. Come genitori, che cos’è importante fare per dire bene le cose?
P.P.: Parlando di Watzlawick non possiamo che partire dal primo assioma della comunicazione, ovvero: “Non si può non comunicare”. Cioè qualsiasi cosa noi facciamo, è un atto comunicativo: se ci rifiutiamo di parlare, se come un fiume in piena riversiamo parole sull’altro, tutto è atto comunicativo. Allora, se questa è la verità assoluta che riguarda l’uomo, la nostra specie, che – torno a dire – è straordinaria per la capacità che ha di organizzare il pensiero attraverso le parole, comunicando anche attraverso di esse, noi possiamo fare uso volontario di questa capacità di uso della parola, per rigenerare ogni situazione. Possiamo diventare la storia della storia.
Come possiamo diventare autori della nostra storia, nel quotidiano delle nostre case, come nella vita?
P.P.: Scrivendo la nostra sceneggiatura. Tutti sappiamo che la realtà non esiste, ogni giorno di più ci immergiamo in questa realtà scoprendola, tutti sappiamo che l’unica realtà che esiste non è quella vissuta, ma quella ricordata, cioè quello che abbiamo narrato a noi stessi degli eventi. La narrazione quindi diventa l’elemento cardine, il ponte che lega il nostro vissuto passato con la nostra capacità di prefigurarci un futuro, che in questo momento è determinante. Se noi non avessimo la speranza che tutto questo finirà e tutto tornerà non alla normalità – e questo mi piace sottolinearlo – come era prima, ma alla normalità che ci siamo narrati, a quella da noi immaginata, desiderata, voluta, questo tempo di pausa non potrebbe portarci alcun vantaggio. Invece in questo momento di pausa forzata, possiamo dettagliare sempre meglio e sempre più profondamente e apprendere questa arte di scrivere, di essere noi sceneggiatori del nostro presente e – aggiungo – del nostro futuro. Tale capacità ci permetterà di utilizzare – come direbbe il mio amico Moshe Bar, esperto di memoria – non solo le memorie del passato, ma quella parte specifica di memoria che viene chiamata “memoria predittiva” (cioè una parte della memoria che costantemente si occupa di immaginare quale sarà il futuro possibile), per dire ciò che io voglio, desidero sia veramente il mio futuro. Se noi useremo la nostra capacità di narrazione per incontrare la capacità specifica della nostra memoria predittiva di immaginare il futuro, essa ci aiuterà a realizzarlo. E’ come una profezia auto-avverante, si chiama così. Quindi raccontarci bene le cose, dirci bene cose, bene-dire le cose/dire-bene le cose – mi piace giocare con queste parole e idee sul dirci bene le cose -, ci avvicina alle cose stesse. Perché più frequentiamo – torna la routine, l’abitudine – quel futuro che abbiamo prefigurato mentalmente, ritrovandolo, ricercandolo, riorganizzandolo, dettagliandolo, più quando ci troveremo a giocare quella partita, saremo nel posto giusto al momento giusto e saremo pronti.
(R.P.)
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Dieci passi con Patrizio Paoletti per affrontare l’emergenza da Covid 19 in famiglia
Come state? Dopo quasi due mesi di distanziamento sociale e isolamento nelle nostre case, come stanno le vostre relazioni familiari? E le vostre emozioni? Vi avevamo anticipato qualche giorno fa che avremmo parlato approfonditamente di un prezioso strumento, gratuito e fruibile direttamente dalle proprie case, estremamente utile per prenderci cura proprio di emozioni e relazioni familiari, in particolare quelle con i nostri figli, in queste settimane di cambiamento delle nostre abitudini e criticità diversificate.
Si tratta del “Vademecum: Emergenza Covid-19. I 10 passi per parlarne con tuo figlio”. A realizzarlo la Fondazione Patrizio Paoletti, ente di ricerca neuroscientifica e pedagogica, particolarmente impegnato nell’applicazione dei ritrovati scientifici di tali ambiti, nella pratica educativa, per promuovere e realizzare il benessere quotidiano in famiglia e non solo.
Oggi abbiamo il piacere di anticiparvi la prima parte di un’intervista esclusiva che il Presidente Patrizio Paoletti ha concesso a Calamita Educational per presentare i contenuti del Vademecum realizzato dalla sua equipe di esperti (psicologi, pedagogisti, neuroscienziati), e sostenere genitori e famiglie in queste giornate così fuori dall’ordinario, traendone addirittura vantaggio. Si tratta di un’intervista preziosa, molto ricca di spunti e indicazioni concrete. Per questo ve la proporremo in tre puntate, passo dopo passo, tutti da gustare, sperimentare e approfondire: iniziamo con i primi tre step da poter realizzare in famiglia.
Anzitutto grazie Presidente Paoletti per aver accolto il nostro invito a parlare alla nostra community di questo “Vademecum”.
P.P.: Grazie a voi.
Il primo passo recita testualmente: “Vivi appassionatamente, ogni difficoltà è una chance” e quindi capovolge letteralmente quello che siamo abituati nostro malgrado e purtroppo a sentirci dire dalle cronache. Ma lo capovolge con un obiettivo preciso, ovvero indicare una via, per imparare da questa esperienza, e non esserne sopraffatti, se non sul piano fisico, neppure su quello emotivo e psicologico. Ci spiega come?
P.P.: Assolutamente sì, è possibile imparare da tutto e da ogni cosa, al di là delle opportunità che la vita ci offre. Perché e come è possibile continuare a imparare anche quando ci sembra che la vita ci giri le spalle? Facendo attenzione e attingendo a quelle che sono le nostre risorse più intime e profonde, cambiando abitudini e punti di vista ed entrando in un maggiore contatto con noi stessi, per dire a noi stessi due cose che mi piace sottolineare: cosa vogliamo davvero e cosa è davvero importante per noi. Quando questi due elementi sono presenti nella nostra vita come i due fari dell’auto, allora possiamo percorrere qualunque strada, anche la più buia, superando gli ostacoli, o addirittura avvantaggiandoci degli ostacoli che essa per sua natura ci presenta. Quindi il primo passo possiamo compierlo soltanto se abbiamo una buona abitudine a dialogare con noi stessi.
Di abitudini, vecchie e nuove, torneremo a parlare più avanti… Ora invece parliamo di modelli. Il secondo passo del Vademecum ci dice: “Sei importante, sìì un esempio”. Più facile a dirsi che a farsi, forse, in questi giorni in cui noi genitori siamo gli unici interlocutori reali per i nostri figli. Vorremmo essere sempre all’altezza del ruolo, ma purtroppo talvolta può capitare di “scivolare” e rappresentare emozioni, azioni, pensieri che non vorremmo. Ci sono degli strumenti concreti che lei può suggerire ai tanti genitori ed educatori che ci seguono, per ricordare a noi stessi che siamo in ogni situazione per loro “d’esempio”?
P.P.: Assolutamente sì, ci sono tutta una serie di strumenti. Ritornando all’idea del dialogo interno, dobbiamo sottolinearci che noi siamo in ogni situazione, forzatamente, degli educatori. Perché è vera questa affermazione? Perché ciò che da sempre la psicologia e la pedagogia hanno osservato a livello empirico, da qualche anno in qua è stato confermato dall’equipe del dottor Giacomo Rizzolati, che ha scoperto i “neuroni specchio”, una qualità di neuroni specifici che ci permettono di apprendere per imitazione, empaticamente. Quindi, che a noi piaccia o meno, che ci pesi o che ci faccia piacere coinvolgerci o interpretare il ruolo che l’essere genitori ci offre e impone, noi dobbiamo sapere che i nostri figli assorbono da noi come delle spugne costantemente ed ininterrottamente. Le nostre emozioni, innanzitutto, i nostri comportamenti e adesso stiamo osservando che i neuroni specchio strutturano anche nel tempo le linee del nostro pensiero. Quindi noi siamo educatori in una triplice dimensione dell’essere, che poi compone l’intero nostro essere e ci struttura interamente. Siamo profondamente, significativamente importanti per loro, visto che siamo una delle prime agenzie educative che i nostri figli incontrano, poiché essi nascono e trascorrono gran parte della loro vita in quello che dovrebbe essere, e certamente lo è per i più, uno spazio protetto, e protetto proprio perché i genitori prestano ad essi straordinaria attenzione. Come? Nella sensibilità dei comportamenti, nelle emanazioni emotive e perché no, anche nella qualità delle linee di pensiero. Quindi “sìì un esempio” è il ribaltamento di “sei importante”. Visto che noi siamo, e a noi piace essere, importanti per i nostri figli, dobbiamo sforzarci con tutte le nostre energie, determinazione e volontà di essere buoni esempi per loro.
Questa premessa sui neuroni specchio e sulla capacità dei nostri figli di assorbire empaticamente molto più di quanto spesso pensiamo di trasferire loro, mi sembra già di per sé una chiara indicazione di orientamento. E’ possibile aggiungere, alla luce di questo, delle indicazioni praticabili in famiglia da ciascun genitore per interpretare tale ruolo al meglio, partendo dal fatto che ciascun genitore è prima di tutto un individuo?
P.P.: Esattamente, partiamo proprio da qui. Il primo strumento è quello di prenderci un momento, per noi stessi anzitutto, e poi a favore dell’insieme che compone la famiglia. Prendiamoci un momento, un minuto di silenzio prima di entrare in scena, mi piace dire così: sul palcoscenico della nostra quotidianità all’interno della nostra famiglia, soprattutto se stiamo in una condizione di non perfetta armonia ed allineamento, evitiamo di irrompere e prendiamoci ogni volta che ci è possibile, anche più volte al giorno, un momento, bastano pochi respiri, un solo minuto per dirci: “Eccomi”. Io sono questo, io sono di esempio, devo essere responsabile, devo essere letteralmente “colui che dà le risposte”, devo assumermi l’onere e l’onore di dare ai miei figli le risposte specifiche che questo momento storico richiede, e quindi prendermi un attimo per produrre distanza e distacco. Distacco dal mio stress, che forse in questi giorni può essere più alto del solito; distanza dalle emozioni negative che possono assalirmi in questo momento anche inaspettatamente, semplicemente perché le emozioni non abituali ci appesantiscono e ci destabilizzano. Quindi essere d’esempio per i nostri figli ci diventa più semplice se applichiamo questa triplice strategia: 1) un minuto di pausa, 2) nel quale fare distacco rinunciando a tutte quelle abitudini che possono creare stress; 3) distanza per trasformare volontariamente le emozioni non perfette in qualcosa di utile e costruttivo per i nostri figli.
A questo punto è molto utile ricordare a chi ci segue che questi passaggi sono dettagliati molto bene nel suo libro, bestseller Amazon, OMM, acronimo di One Minute Meditation, nel quale si illustra quello che è un vero e proprio metodo da lei strutturato per imparare passo dopo passo a raggiungere il silenzio dentro di noi, e da lì ripartire per vivere con maggiore consapevolezza e presenza le nostre vite. In queste settimane è possibile ordinarlo e riceverlo a casa, senza necessità di infrangere i giusti limiti che ci vengono imposti. Leggerlo e, come si consiglia nella stessa prefazione al testo, praticarlo, può essere davvero molto utile, per trarre vantaggio, come dicevamo nel primo passo del Vademecum, da questa stasi forzata, trasformandola in una opportunità per ciascuno.
P.P.: Sì, certo, può esserlo, grazie, mi auguro che anche il libro OMM – The One Minute Meditation venga consegnato a casa a chi lo ordini, come molte altre cose necessarie.
Arriviamo adesso al terzo punto della nostra chiacchierata: accanto ai libri e ai tanti intrattenimenti che si possono sperimentare in casa in questo periodo, ovviamente le tecnologie la fanno da padrone. Utilizzarle con consapevolezza scegliendo e insegnando ai nostri figli quali preferire e prediligere, è un passo importante, perché possono essere veicolo non soltanto di emozioni positive, penso alla compagnia che possono farci gli amici e i nonni lontani, ma anche ai tanti messaggi che positivi non sono, come lo stress, le immagini violente o negative che ci arrivano dall’esterno, a tutti i livelli. Ecco, per restare su questo punto così decisivo per la qualità delle nostre giornate, e sul quale Calamita Educational ha acceso da tempo i suoi riflettori, il terzo passo del vademecum ci dice: “Scegli ciò che fa bene: stimoli e ambienti ti condizionano”.
P.P.: Sì, io partirei proprio da questo: stimoli e ambienti ti condizionano. Una triade che non possiamo in alcun modo dimenticare perché ci influenza, soprattutto nelle condizioni di particolare e non abituale disagio, è questa: ambiente, contesto, circostanze. Che cosa vuol dire? Vuol dire che l’ambiente va preparto, va preparato il contesto che all’interno di esso deve svilupparsi per ricevere dall’ambiente, dal contesto – da noi appositamente preparato -, le influenze migliori, le circostanze favorevoli. Favorevoli a cosa? A quella dimensione di bene, pace, equilibrio e armonia che vogliamo che i nostri figli sperimentino, vivano.
Non dobbiamo lasciare nulla “al caso”, quindi, anche e – a questo punto soprattutto -, in un contesto domestico?
P.P.: Nello scegliere l’ambiente, visto che l’ambiente è condizionante, dobbiamo tenere presente che è un ambiente buono l’ambiente che noi prepariamo. Più questa consapevolezza ci rende attenti e consapevoli, migliore sarà il risultato che otterremo, anche in uno spazio piccolo. Dico questo perché non tutti hanno la possibilità e la fortuna di vivere in questo momento di difficoltà in spazi fisici ampi, e purtroppo moltissime famiglie italiane si trovano a vivere in appartamenti e spazi ristretti, a volte poche decine di metri quadrati. Questo però non deve bloccare il desiderio di condividere con i nostri figli il bene, cioè lo stimolo giusto per la loro crescita. Allora, anche un piccolo angolo, sarà più facile e adatto allo scopo che ci siamo prefissati, se noi avremo risposto al nostro impegno responsabilmente per loro e lo avremo preparato a dovere a fornire il giusto stimolo. Anche i device e gli strumenti tecnologici potranno andar bene, se saremo stati come genitori un filtro rispetto ad essi, se avremo svolto la funzione di colui che prepara, che predispone il momento in cui i figli saranno lasciati ad interagire con questi strumenti, e poi in cui verranno invitati ad interagire con noi genitori. Potranno essere positivi anche i programmi – e ce ne sono in questo momento tantissimi e di altissima qualità – che i nostri figli potranno incontrare, assorbendoli e facendo sì che gli stimoli che questi danno, siano stimoli costruttivi e li aiutino a costruire la loro storia del momento, piuttosto che a demolirlo e negativizzarlo. Capisco l’importanza di questo impegno ma nella misura in cui è possibile, è necessario, nella consapevolezza che tutto quello che noi prepareremo, come ambiente e circostanze, creerà condizioni favorevoli che ci ritorneranno come un boomerang di pace, di tranquillità, di vantaggio. Tutti sappiamo che la relazione con gli altri, in particolare nel contesto familiare, prolungata nel tempo, cui non siamo più da tempo abituati, può non essere sempre facile, Quindi questo sforzo di predisporsi, dà il vantaggio di vivere meglio i nostri giorni e tutti i singoli momenti della giornata.
La ringraziamo molto Presidente Paoletti e chiudiamo con questa importante risposta la prima parte dell’intervista sui 10 passi del Vedemecum per affrontare in famiglia e con i nostri figli questo momento di emergenza. Ci rimangono da esplorare sette passi, e lo faremo nei prossimi giorni. Nel frattempo concentriamoci in famiglia su questi tre importanti primi passi che – ricapitolando – sono:
- “Vivi appassionatamente, ogni difficoltà è una chance”
- “Sei importante, sìì un esempio”
- “Scegli ciò che fa bene: stimoli e ambienti ti condizionano”
Ci sta a cuore ricordare ancora che il Vademecum si accompagna ad un altro valido strumento, lo Sportello telefonico “Parlami, ti ascolto”, dedicato a genitori, famiglie, adolescenti e anziani per offrire ascolto e supporto in questo momento, a cui rispondono gli psicologi della Fondazione Paoletti, chiamando il numero verde: 800 858 440 (disponibile tutti i lunedì, mercoledì e sabato dalle ore 14.00 alle ore 19.00).
Inoltre, già da qualche giorno alle h. 15.00 sono fruibili le video lezioni sui temi cardine del Vademecum, tenute da Patrizio Paoletti e dagli esperti della sua equipe. Il tutto tramite il canale youtube dedicato, per chi si iscrive sul sito (info: https://fondazionepatriziopaoletti.org/prefigurareilfuturo/ ). Le lezioni sono gratuite e, per chi avesse perso le prime puntate, sarà possibile nei prossimi giorni fruire delle repliche.
Noi torniamo domani, con la seconda puntata dell’intervista a Patrizio Paoletti e i successivi tre passi. Intanto …buon inizio di percorso a tutti!
(R.P.)
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