Tre nuovi passi da compiere con Patrizio Paoletti per trasformare in vantaggio questo tempo in famiglia
Avete provato a mettere in pratica i primi tre consigli del Vademecum della Fondazione Patrizio Paoletti per migliorare queste giornate così fuori dall’ordinario che ci troviamo a vivere con l’emergenza Coronavirus?
Se lo avete fatto, siamo certi che avrete già potuto osservare piccoli cambiamenti positivi. Sarete desiderosi quindi di conoscere quali siano i passi successivi, illustrati da un interlocutore speciale come Patrizio Paoletti, uomo di pace, mentore, influencer e disruptor-coach, che da oltre trent’anni si occupa di Sviluppo Personale, attraverso il programma Human Inner Design e la School of Self-Awareness. La validità del suo pensiero è confermata dalle ricerche in ambito neuro-scientifico e dalle collaborazioni con scienziati, Istituti e Università internazionali quali la Bar Ilan University di Tel Aviv, l’Università La Sapienza di Roma e l’Istituto di Neuroscienza della Fondazione Patrizio Paoletti. Per noi di Calamita Educational è un onore averlo intervistato e potervi proporre le sue considerazioni.
Riprendiamo dunque da dove ci eravamo lasciati, ovvero il quarto passo del Vademecum, realizzato nell’ambito del progetto “Prefigurare il futuro: metodi e tecniche per progettare speranza e progettualità”, coordinato a livello nazionale dalla dottoressa Tania Di Giuseppe, psicologa della stessa Fondazione Patrizio Paoletti. E nel farlo partiamo da una parola a noi nota, ma forse non troppo conosciuta per davvero, ovvero “abitudini”. Possono essere delle alleate, ma anche degli ostacoli.
Presidente Paoletti, il quarto passo del Vademecum ci suggerisce di affidarci alla routine, definendola “una grande amica”. In che senso le abitudini ci possono supportare, quelle vecchie e quelle nuove, oggi che le nostre quotidianità sono sospese?
P.P.: Facciamo l’esempio semplice di un bambino molto piccolo che inizia ad andare all’asilo: quando questo avviene parliamo di inserimento. Che cos’è in definitiva l’inserimento per un bambino in una nuova dimensione di vita che non gli è abituale? La creazione di una nuova routine, e ogni routine è fatta di riferimenti, che siano significanti e che quindi riescano a trasferire dei contenuti come la tranquillità, la voglia di essere lì, di avvantaggiarsi di quel momento, il desiderio di incontrare altri bambini. Trasliamo questa situazione che abbiamo appena adesso descritto in quella che è la nostra quotidianità: tutta la nostra vita è fatta di routine, consapevoli e, soprattutto, per la maggior parte, inconsapevoli, che ci sono state trasferite semplicemente come descrivevo poco fa. Oggi una parte di queste abitudini è stata interrotta, è accaduto, e noi dobbiamo semplicemente essere resilienti, dobbiamo essere flessibili, dobbiamo produrre quella capacità di adattamento che rende la nostra specie unica su questo pianeta, perché la sola ad avere tale elevata capacità di adattamento sul Pianeta. E infatti abbiamo vinto sfide ben più impegnative di quelle attuali, come quella dell’evoluzione, proprio perché siamo stati capaci di adattarci e adeguare i nostri punti di vista, di produrre scenari diversi, cosa che altre grandi specie non sono state capaci di fare nei tempi richiesti, cioè velocemente, e si sono estinte. E’ meravigliosa la capacità dell’uomo di adattarsi al cambiamento. Non sarà questa la situazione nella quale ci fermeremo.
In che modo dunque le diverse routine, ovvero le abitudini che compongono la nostra quotidianità, possono rivelarsi per noi tutti delle grandi amiche, oggi che ci troviamo immersi in contesti quotidiani “nuovi”?
P.P.: Se le trasformiamo a nostro vantaggio, ad esempio scegliendo di introdurre nella nostra giornata nuove abitudini, abitudini vantaggiose: un attimo di silenzio, di calma, di dialogo interno, ad esempio, che ci permette di essere determinati a mantenere proattiva la nostra relazione all’interno del nostro tessuto familiare, visto che stiamo parlando di questo adesso. La routine, fatta di momenti condivisi, che creano un ritmo, una cadenza, capace di generare intensità nella relazione, non può che fare la grande differenza. Noi dobbiamo essere capaci di trasformare questo momento che potrebbe essere di crisi, come dice la parola stessa (Etimologia della parola: Dal lat. crisis, dal gr. Krísis: scelta, decisione, Ndr), in un momento capace di generare vantaggio, che ogni crisi ha in sè, che è quello della trasformazione. Non saremo più gli stessi, ma chi dice che saremo peggiori? Dobbiamo dirci invece, e impegnarci, per uscire migliori da questa situazione, e la routine in questo caso diventa uno strumento straordinario di autogestione dei nostri figli, se parliamo di relazione con loro, e ancora prima di relazione con noi stessi.
NEURONI SPECCHIO, EMPATIA, ASCOLTO
Torneremo su questa bella provocazione che ci lancia, signor Paoletti, ovvero: chi dice che saremo peggiori dopo questo momento? Sono davvero tante le opportunità che si aprono davanti a noi… Ora invece proseguiamo con il quinto passo del Vademecum, che ci suggerisce di creare sintonia con ciò che ci sta intorno: “Prima di parlare, ascolta!”. Che importanza ha l’ascolto, in questo momento particolare, e come si configura?
P.P.: Abbiamo parlato dei “neuroni specchio” di Rizzolati, di empatia, ora arriviamo all’ascolto. Una forma alta, altissima di sintonia, è la relazione empatica: ancor prima di dirti qualcosa, di istruirti, di rimproverarti per ciò che stai facendo, devo chiedermi di ascoltare ciò che hai da dirmi, non con le parole, ma con le tue azioni. A qualsiasi gesto (o non gesto) corrisponde una condizione che lo ha sollecitato, nutrito, prodotto. Soltanto un’attenzione specifica, con una volontà messa in campo di diventare empatici, di leggere davvero, al di là della sua manifestazione, il segnale che lo ha prodotto, ci permette poi di utilizzare qualunque segnale, anche il momento di crisi, il momento dell’isteria, del pianto, della rabbia, in qualche cosa di utilizzabile. E quindi io posso educarti attraverso le tue azioni, se riesco a restituirtele in modo empatico, e non semplicemente attraverso il “devi fare quello che ti dico”, che in alcuni momenti può sembrare inevitabile, ma che io cercherei di evitare il più possibile e sceglierei la via della relazione empatica. C’è una intimità che l’empatia raggiunge e di cui l’empatia si nutre, che è già curativa di per sé, perché quando l’altro si sente compreso, contenuto, già si tranquillizza di per sé e già tutto prende un’altra via, quella del bene, quella migliore. Anche questo, più lo rendiamo routinario, cioè più ci educhiamo a renderlo abitudine, a far rivivere questo desiderio di raggiungerti, di entrare in contatto, di ascoltarti, più la nostra capacità di fare accadere questo, aumenta. E la velocità in questo momento della nostra storia è importante. Riuscire a fare accadere quel che vogliamo nel migliore tempo possibile è importante per riuscire ad uscire da questa situazione il prima possibile.
Signor Paoletti, in uno dei suoi molti scritti sulla Pedagogia per il Terzo Millennio, il Metodo pedagogico teorizzato da lei e dalla sua Equipe, lei afferma che un NO detto con amore è come un Sì. Userei questa affermazione paradigmatica del suo pensiero, per passare alla domanda successiva: dall’empatia, all’importanza della narrazione. Lo psicologo Paul Watzlawick, esponente della Scuola di Palo Alto, afferma: “La realtà è narrazione”. Partendo da questa citazione riprendiamo il filo del nostro discorso sull’importanza del dialogo interno, che poi è l’origine del dialogo che manifestiamo, potremmo dire due facce della stessa medaglia. Nel Vademecum sono distinte in due diversi passi, il numero sei: “Scegli le parole giuste: le storie hanno potere” ed il numero nove, ovvero: “Impegnati a dire bene le cose”. Come genitori, che cos’è importante fare per dire bene le cose?
P.P.: Parlando di Watzlawick non possiamo che partire dal primo assioma della comunicazione, ovvero: “Non si può non comunicare”. Cioè qualsiasi cosa noi facciamo, è un atto comunicativo: se ci rifiutiamo di parlare, se come un fiume in piena riversiamo parole sull’altro, tutto è atto comunicativo. Allora, se questa è la verità assoluta che riguarda l’uomo, la nostra specie, che – torno a dire – è straordinaria per la capacità che ha di organizzare il pensiero attraverso le parole, comunicando anche attraverso di esse, noi possiamo fare uso volontario di questa capacità di uso della parola, per rigenerare ogni situazione. Possiamo diventare la storia della storia.
Come possiamo diventare autori della nostra storia, nel quotidiano delle nostre case, come nella vita?
P.P.: Scrivendo la nostra sceneggiatura. Tutti sappiamo che la realtà non esiste, ogni giorno di più ci immergiamo in questa realtà scoprendola, tutti sappiamo che l’unica realtà che esiste non è quella vissuta, ma quella ricordata, cioè quello che abbiamo narrato a noi stessi degli eventi. La narrazione quindi diventa l’elemento cardine, il ponte che lega il nostro vissuto passato con la nostra capacità di prefigurarci un futuro, che in questo momento è determinante. Se noi non avessimo la speranza che tutto questo finirà e tutto tornerà non alla normalità – e questo mi piace sottolinearlo – come era prima, ma alla normalità che ci siamo narrati, a quella da noi immaginata, desiderata, voluta, questo tempo di pausa non potrebbe portarci alcun vantaggio. Invece in questo momento di pausa forzata, possiamo dettagliare sempre meglio e sempre più profondamente e apprendere questa arte di scrivere, di essere noi sceneggiatori del nostro presente e – aggiungo – del nostro futuro. Tale capacità ci permetterà di utilizzare – come direbbe il mio amico Moshe Bar, esperto di memoria – non solo le memorie del passato, ma quella parte specifica di memoria che viene chiamata “memoria predittiva” (cioè una parte della memoria che costantemente si occupa di immaginare quale sarà il futuro possibile), per dire ciò che io voglio, desidero sia veramente il mio futuro. Se noi useremo la nostra capacità di narrazione per incontrare la capacità specifica della nostra memoria predittiva di immaginare il futuro, essa ci aiuterà a realizzarlo. E’ come una profezia auto-avverante, si chiama così. Quindi raccontarci bene le cose, dirci bene cose, bene-dire le cose/dire-bene le cose – mi piace giocare con queste parole e idee sul dirci bene le cose -, ci avvicina alle cose stesse. Perché più frequentiamo – torna la routine, l’abitudine – quel futuro che abbiamo prefigurato mentalmente, ritrovandolo, ricercandolo, riorganizzandolo, dettagliandolo, più quando ci troveremo a giocare quella partita, saremo nel posto giusto al momento giusto e saremo pronti.
(R.P.)
- Pubblicato il Interviste
Dieci passi con Patrizio Paoletti per affrontare l’emergenza da Covid 19 in famiglia
Come state? Dopo quasi due mesi di distanziamento sociale e isolamento nelle nostre case, come stanno le vostre relazioni familiari? E le vostre emozioni? Vi avevamo anticipato qualche giorno fa che avremmo parlato approfonditamente di un prezioso strumento, gratuito e fruibile direttamente dalle proprie case, estremamente utile per prenderci cura proprio di emozioni e relazioni familiari, in particolare quelle con i nostri figli, in queste settimane di cambiamento delle nostre abitudini e criticità diversificate.
Si tratta del “Vademecum: Emergenza Covid-19. I 10 passi per parlarne con tuo figlio”. A realizzarlo la Fondazione Patrizio Paoletti, ente di ricerca neuroscientifica e pedagogica, particolarmente impegnato nell’applicazione dei ritrovati scientifici di tali ambiti, nella pratica educativa, per promuovere e realizzare il benessere quotidiano in famiglia e non solo.
Oggi abbiamo il piacere di anticiparvi la prima parte di un’intervista esclusiva che il Presidente Patrizio Paoletti ha concesso a Calamita Educational per presentare i contenuti del Vademecum realizzato dalla sua equipe di esperti (psicologi, pedagogisti, neuroscienziati), e sostenere genitori e famiglie in queste giornate così fuori dall’ordinario, traendone addirittura vantaggio. Si tratta di un’intervista preziosa, molto ricca di spunti e indicazioni concrete. Per questo ve la proporremo in tre puntate, passo dopo passo, tutti da gustare, sperimentare e approfondire: iniziamo con i primi tre step da poter realizzare in famiglia.
Anzitutto grazie Presidente Paoletti per aver accolto il nostro invito a parlare alla nostra community di questo “Vademecum”.
P.P.: Grazie a voi.
Il primo passo recita testualmente: “Vivi appassionatamente, ogni difficoltà è una chance” e quindi capovolge letteralmente quello che siamo abituati nostro malgrado e purtroppo a sentirci dire dalle cronache. Ma lo capovolge con un obiettivo preciso, ovvero indicare una via, per imparare da questa esperienza, e non esserne sopraffatti, se non sul piano fisico, neppure su quello emotivo e psicologico. Ci spiega come?
P.P.: Assolutamente sì, è possibile imparare da tutto e da ogni cosa, al di là delle opportunità che la vita ci offre. Perché e come è possibile continuare a imparare anche quando ci sembra che la vita ci giri le spalle? Facendo attenzione e attingendo a quelle che sono le nostre risorse più intime e profonde, cambiando abitudini e punti di vista ed entrando in un maggiore contatto con noi stessi, per dire a noi stessi due cose che mi piace sottolineare: cosa vogliamo davvero e cosa è davvero importante per noi. Quando questi due elementi sono presenti nella nostra vita come i due fari dell’auto, allora possiamo percorrere qualunque strada, anche la più buia, superando gli ostacoli, o addirittura avvantaggiandoci degli ostacoli che essa per sua natura ci presenta. Quindi il primo passo possiamo compierlo soltanto se abbiamo una buona abitudine a dialogare con noi stessi.
Di abitudini, vecchie e nuove, torneremo a parlare più avanti… Ora invece parliamo di modelli. Il secondo passo del Vademecum ci dice: “Sei importante, sìì un esempio”. Più facile a dirsi che a farsi, forse, in questi giorni in cui noi genitori siamo gli unici interlocutori reali per i nostri figli. Vorremmo essere sempre all’altezza del ruolo, ma purtroppo talvolta può capitare di “scivolare” e rappresentare emozioni, azioni, pensieri che non vorremmo. Ci sono degli strumenti concreti che lei può suggerire ai tanti genitori ed educatori che ci seguono, per ricordare a noi stessi che siamo in ogni situazione per loro “d’esempio”?
P.P.: Assolutamente sì, ci sono tutta una serie di strumenti. Ritornando all’idea del dialogo interno, dobbiamo sottolinearci che noi siamo in ogni situazione, forzatamente, degli educatori. Perché è vera questa affermazione? Perché ciò che da sempre la psicologia e la pedagogia hanno osservato a livello empirico, da qualche anno in qua è stato confermato dall’equipe del dottor Giacomo Rizzolati, che ha scoperto i “neuroni specchio”, una qualità di neuroni specifici che ci permettono di apprendere per imitazione, empaticamente. Quindi, che a noi piaccia o meno, che ci pesi o che ci faccia piacere coinvolgerci o interpretare il ruolo che l’essere genitori ci offre e impone, noi dobbiamo sapere che i nostri figli assorbono da noi come delle spugne costantemente ed ininterrottamente. Le nostre emozioni, innanzitutto, i nostri comportamenti e adesso stiamo osservando che i neuroni specchio strutturano anche nel tempo le linee del nostro pensiero. Quindi noi siamo educatori in una triplice dimensione dell’essere, che poi compone l’intero nostro essere e ci struttura interamente. Siamo profondamente, significativamente importanti per loro, visto che siamo una delle prime agenzie educative che i nostri figli incontrano, poiché essi nascono e trascorrono gran parte della loro vita in quello che dovrebbe essere, e certamente lo è per i più, uno spazio protetto, e protetto proprio perché i genitori prestano ad essi straordinaria attenzione. Come? Nella sensibilità dei comportamenti, nelle emanazioni emotive e perché no, anche nella qualità delle linee di pensiero. Quindi “sìì un esempio” è il ribaltamento di “sei importante”. Visto che noi siamo, e a noi piace essere, importanti per i nostri figli, dobbiamo sforzarci con tutte le nostre energie, determinazione e volontà di essere buoni esempi per loro.
Questa premessa sui neuroni specchio e sulla capacità dei nostri figli di assorbire empaticamente molto più di quanto spesso pensiamo di trasferire loro, mi sembra già di per sé una chiara indicazione di orientamento. E’ possibile aggiungere, alla luce di questo, delle indicazioni praticabili in famiglia da ciascun genitore per interpretare tale ruolo al meglio, partendo dal fatto che ciascun genitore è prima di tutto un individuo?
P.P.: Esattamente, partiamo proprio da qui. Il primo strumento è quello di prenderci un momento, per noi stessi anzitutto, e poi a favore dell’insieme che compone la famiglia. Prendiamoci un momento, un minuto di silenzio prima di entrare in scena, mi piace dire così: sul palcoscenico della nostra quotidianità all’interno della nostra famiglia, soprattutto se stiamo in una condizione di non perfetta armonia ed allineamento, evitiamo di irrompere e prendiamoci ogni volta che ci è possibile, anche più volte al giorno, un momento, bastano pochi respiri, un solo minuto per dirci: “Eccomi”. Io sono questo, io sono di esempio, devo essere responsabile, devo essere letteralmente “colui che dà le risposte”, devo assumermi l’onere e l’onore di dare ai miei figli le risposte specifiche che questo momento storico richiede, e quindi prendermi un attimo per produrre distanza e distacco. Distacco dal mio stress, che forse in questi giorni può essere più alto del solito; distanza dalle emozioni negative che possono assalirmi in questo momento anche inaspettatamente, semplicemente perché le emozioni non abituali ci appesantiscono e ci destabilizzano. Quindi essere d’esempio per i nostri figli ci diventa più semplice se applichiamo questa triplice strategia: 1) un minuto di pausa, 2) nel quale fare distacco rinunciando a tutte quelle abitudini che possono creare stress; 3) distanza per trasformare volontariamente le emozioni non perfette in qualcosa di utile e costruttivo per i nostri figli.
A questo punto è molto utile ricordare a chi ci segue che questi passaggi sono dettagliati molto bene nel suo libro, bestseller Amazon, OMM, acronimo di One Minute Meditation, nel quale si illustra quello che è un vero e proprio metodo da lei strutturato per imparare passo dopo passo a raggiungere il silenzio dentro di noi, e da lì ripartire per vivere con maggiore consapevolezza e presenza le nostre vite. In queste settimane è possibile ordinarlo e riceverlo a casa, senza necessità di infrangere i giusti limiti che ci vengono imposti. Leggerlo e, come si consiglia nella stessa prefazione al testo, praticarlo, può essere davvero molto utile, per trarre vantaggio, come dicevamo nel primo passo del Vademecum, da questa stasi forzata, trasformandola in una opportunità per ciascuno.
P.P.: Sì, certo, può esserlo, grazie, mi auguro che anche il libro OMM – The One Minute Meditation venga consegnato a casa a chi lo ordini, come molte altre cose necessarie.
Arriviamo adesso al terzo punto della nostra chiacchierata: accanto ai libri e ai tanti intrattenimenti che si possono sperimentare in casa in questo periodo, ovviamente le tecnologie la fanno da padrone. Utilizzarle con consapevolezza scegliendo e insegnando ai nostri figli quali preferire e prediligere, è un passo importante, perché possono essere veicolo non soltanto di emozioni positive, penso alla compagnia che possono farci gli amici e i nonni lontani, ma anche ai tanti messaggi che positivi non sono, come lo stress, le immagini violente o negative che ci arrivano dall’esterno, a tutti i livelli. Ecco, per restare su questo punto così decisivo per la qualità delle nostre giornate, e sul quale Calamita Educational ha acceso da tempo i suoi riflettori, il terzo passo del vademecum ci dice: “Scegli ciò che fa bene: stimoli e ambienti ti condizionano”.
P.P.: Sì, io partirei proprio da questo: stimoli e ambienti ti condizionano. Una triade che non possiamo in alcun modo dimenticare perché ci influenza, soprattutto nelle condizioni di particolare e non abituale disagio, è questa: ambiente, contesto, circostanze. Che cosa vuol dire? Vuol dire che l’ambiente va preparto, va preparato il contesto che all’interno di esso deve svilupparsi per ricevere dall’ambiente, dal contesto – da noi appositamente preparato -, le influenze migliori, le circostanze favorevoli. Favorevoli a cosa? A quella dimensione di bene, pace, equilibrio e armonia che vogliamo che i nostri figli sperimentino, vivano.
Non dobbiamo lasciare nulla “al caso”, quindi, anche e – a questo punto soprattutto -, in un contesto domestico?
P.P.: Nello scegliere l’ambiente, visto che l’ambiente è condizionante, dobbiamo tenere presente che è un ambiente buono l’ambiente che noi prepariamo. Più questa consapevolezza ci rende attenti e consapevoli, migliore sarà il risultato che otterremo, anche in uno spazio piccolo. Dico questo perché non tutti hanno la possibilità e la fortuna di vivere in questo momento di difficoltà in spazi fisici ampi, e purtroppo moltissime famiglie italiane si trovano a vivere in appartamenti e spazi ristretti, a volte poche decine di metri quadrati. Questo però non deve bloccare il desiderio di condividere con i nostri figli il bene, cioè lo stimolo giusto per la loro crescita. Allora, anche un piccolo angolo, sarà più facile e adatto allo scopo che ci siamo prefissati, se noi avremo risposto al nostro impegno responsabilmente per loro e lo avremo preparato a dovere a fornire il giusto stimolo. Anche i device e gli strumenti tecnologici potranno andar bene, se saremo stati come genitori un filtro rispetto ad essi, se avremo svolto la funzione di colui che prepara, che predispone il momento in cui i figli saranno lasciati ad interagire con questi strumenti, e poi in cui verranno invitati ad interagire con noi genitori. Potranno essere positivi anche i programmi – e ce ne sono in questo momento tantissimi e di altissima qualità – che i nostri figli potranno incontrare, assorbendoli e facendo sì che gli stimoli che questi danno, siano stimoli costruttivi e li aiutino a costruire la loro storia del momento, piuttosto che a demolirlo e negativizzarlo. Capisco l’importanza di questo impegno ma nella misura in cui è possibile, è necessario, nella consapevolezza che tutto quello che noi prepareremo, come ambiente e circostanze, creerà condizioni favorevoli che ci ritorneranno come un boomerang di pace, di tranquillità, di vantaggio. Tutti sappiamo che la relazione con gli altri, in particolare nel contesto familiare, prolungata nel tempo, cui non siamo più da tempo abituati, può non essere sempre facile, Quindi questo sforzo di predisporsi, dà il vantaggio di vivere meglio i nostri giorni e tutti i singoli momenti della giornata.
La ringraziamo molto Presidente Paoletti e chiudiamo con questa importante risposta la prima parte dell’intervista sui 10 passi del Vedemecum per affrontare in famiglia e con i nostri figli questo momento di emergenza. Ci rimangono da esplorare sette passi, e lo faremo nei prossimi giorni. Nel frattempo concentriamoci in famiglia su questi tre importanti primi passi che – ricapitolando – sono:
- “Vivi appassionatamente, ogni difficoltà è una chance”
- “Sei importante, sìì un esempio”
- “Scegli ciò che fa bene: stimoli e ambienti ti condizionano”
Ci sta a cuore ricordare ancora che il Vademecum si accompagna ad un altro valido strumento, lo Sportello telefonico “Parlami, ti ascolto”, dedicato a genitori, famiglie, adolescenti e anziani per offrire ascolto e supporto in questo momento, a cui rispondono gli psicologi della Fondazione Paoletti, chiamando il numero verde: 800 858 440 (disponibile tutti i lunedì, mercoledì e sabato dalle ore 14.00 alle ore 19.00).
Inoltre, già da qualche giorno alle h. 15.00 sono fruibili le video lezioni sui temi cardine del Vademecum, tenute da Patrizio Paoletti e dagli esperti della sua equipe. Il tutto tramite il canale youtube dedicato, per chi si iscrive sul sito (info: https://fondazionepatriziopaoletti.org/prefigurareilfuturo/ ). Le lezioni sono gratuite e, per chi avesse perso le prime puntate, sarà possibile nei prossimi giorni fruire delle repliche.
Noi torniamo domani, con la seconda puntata dell’intervista a Patrizio Paoletti e i successivi tre passi. Intanto …buon inizio di percorso a tutti!
(R.P.)
- Pubblicato il Interviste